Rivista letta e conosciuta in Europa, Israele e Stati Uniti, «La Rassegna Mensile di Israel» è divenuta da tempo uno strumento indispensabile allo studioso della storia, del pensiero, della letteratura degli ebrei in Italia.
«La Rassegna Mensile di Israel» nasce nel 1925 e da allora, salvo per una interruzione di quasi un decennio – dal 1939 al 1948 – causata dalle leggi antiebraiche prima e dagli eventi bellici poi, ha continuato la sua pubblicazione con lo scopo di rendere accessibili ai suoi lettori le problematiche religiose, politiche, sociali e storico-culturali dell’ebraismo, dando modo di conoscere anche nuove ricerche in ambito archeologico, letterario, artistico e scientifico. Diretta a lungo da Dante Lattes (che fu anche uno dei suoi fondatori), negli oltre settanta volumi pubblicati sinora ha raccolto articoli di personalità eminenti, sia italiane che straniere.
Come gli altri volumi miscellanei, anche questo per sua stessa natura segue percorsi assai diversificati. I primi tre saggi, uniti dal titolo di Memoria, si collegano al concetto fondamentale dell’ebraismo riassunto nel comandamento biblico di ricordare – Zakhor. Che cosa, più della Shoà, è da «ricordare»? Su questo tema, articolato in maniera differente, si soffermano Manuela Consonni, Donatella Ester Di Cesare, Antonella Castelnuovo e Sara Valentina Di Palma. I tre saggi successivi, nella sezione Pensiero, toccano temi diversi: Giuseppe Veltri si occupa di colpa individuale e collettiva nel pensiero del rabbino veneziano del Seicento Simone Simchà Luzzatto; Luca Giuseppe Manenti esamina un testo della nota storica inglese Frances A. Yates sulle influenze del pensiero cabbalistico nel mondo rinascimentale; M. Cristina Bonanni «scopre» lati forse poco noti dell’impostazione filosofica di Gershom Scholem, che finì per autodefinirsi «anarchico asociale». La sezione Prosa e poesia è la più nutrita. Chiara Conterno e Ferruccio D’Angeli esaminano la produzione ebraica di due scrittori galiziani, un tempo noti e oggi quasi dimenticati: l nobile Leopold von Sacher-Masoch e l’ebreo Karl Emil Franzos; la studiosa di letteratura yiddish Daniela Mantovan presenta sotto una luce diversa dal solito l’opera di Sholem Aleykhem, soffermandosi sulla sua produzione per l’infanzia. L’articolo introduce la prima traduzione in italiano di un suo celebre racconto, Il coltellino. Sara Natale presenta i poemi in dialetto giudaico-mantovano del medico Annibale Gallico, Francesca Goll le poesie in tedesco di Mascha Kaléko. Anche in questo caso si tratta della prima traduzione offerta al lettore italiano di un autore riconosciuto a livello mondiale. Angelo Da Fano, con cui si chiude questa parte del volume, offre un esempio originale di «critica letteraria romanzata» con la sua riflessione sullo scrittore ebreo russo Israil’ Moiseevi Metter. Con l’ultima parte di questo numero, intitolata Gli anni grigi, il cerchio si chiude indirizzando nuovamente la riflessione al periodo dello Sterminio. Vi troviamo uno studio di Giuliana Piperno Beer sulle scuole ebraiche di Roma nel periodo delle leggi razziali, un testo di Pierpaolo Lauria su Arnaldo Momigliano e i risultati di una ricerca di Silvano Longhi, che descrive gli sforzi fatti dagli esuli ebrei in Svizzera per riuscire a entrare in contatto con i loro congiunti o parenti deportati. Argomenti dunque molteplici, la cui natura è molto varia: il cui minimo comune denominatore potrebbe essere forse individuato nella consapevolezza, del tutto moderna e amara, di una sorta di inestinguibile «alterità» nella quale gli ebrei, nonostante il progresso e le democrazie, sono comunque confinati.