Fino al momento in cui scrisse questo romanzo, Sholem Aleichem non aveva mai dedicato un’opera completa al sottoproletariato ebraico. Qui ci descrive la vita reale, mostrando che la società ebraica dello shtetl aveva, come la società russa nel suo insieme, i suoi reprobi e la sua malavita. Moshkele il ladro ha una trama avvincente, un’insolita storia d’amore e un ritratto superbo e acuto di un ebreo fuorilegge e del suo ambiente sociale. Vi vediamo uno spaccato della vita ebraica russa della fine del XIX secolo, pieno di personaggi ben delineati, personaggi che non si erano mai visti prima nelle belle lettere yiddish. Colpisce anche il modo in cui il romanzo mostra gli ebrei che interagiscono con i non-ebrei nella Zona di Residenza russa, un tema nuovo e rivoluzionario nella moderna letteratura yiddish. Dal momento che questo romanzo non è stato incluso nell’edizione standard delle opere di Sholem Aleichem – e ancora non sappiamo perché – esso può essere considerato un’opera «perduta», «appena scoperta», «dimenticata» o «trascurata», oppure una combinazione di tutte e quattro le cose. (Dall’Introduzione di Curt Leviant)
- Che (ri)scoperta la trascinante gioia narrativa di Sholem Aleichem, tra i grandi della letteratura yiddish - Mario Baudino - Il Libraio
- Fare la cosa giusta nel chiaroscuro del mondo - Alicia Lopes Araujo - L'Osservatore Romano
- Anche i ladri piangono - Susanna Nirenstein - La Repubblica
- Sotto pelle - Erri De Luca - Fondazione Erri De Luca
- Moshkele è un ladro vero - Marco Veracini - Repubblica