Giugno 1976. Andrea Albini, 26 anni, romano, impiegato al Comune di Roma, convive con Anna, laureanda in architettura. Andrea, iscritto al PCI e alla CGIL, frequenta la sezione del partito vicino a piazza Bologna. La sua esistenza, però, è rosa da un tarlo, che nasce dal passato rimosso della propria famiglia. Andrea, infatti, è nipote di un’ebrea di cui nulla si dice in casa, e di cui lui sa soltanto che durante il fascismo si convertì al cristianesimo. Inizia così un percorso di recupero della propria identità che lo porterà a confrontarsi sia con la comunità ebraica di Roma che con la sua militanza politica. Di fronte a tutto ciò, Andrea dovrà trovare la propria strada nell’ebraismo, cercando di far convivere le regole dell’ortodossia con la prassi della quotidianità. La parola ritrovata, ispirato alle vicende biografiche dell’autore e scritto nella forma coinvolgente ed emozionante del diario, è un romanzo di formazione attento a ricostruire l’identità del protagonista ma anche, sullo sfondo, quello di una nazione, negli anni del compromesso storico e del terrorismo, destinati a segnare la nostra storia fino ai giorni d’oggi.
… i suoni, i canti, la recita dello Shemà, l’elevazione del Sefer mi conquistano ogni volta. È allora che mi allontano dai miei pensieri, e li osservo tutti; a volte sentendomi un intruso, più spesso desiderando di essere, presto, pienamente tra loro. Naim, quasi sentendo tutto questo, continua a tenermi a distanza. C’è ancora tempo, ancora tanta strada da fare, mi risponde sempre quando provo a chiedergli quanto dovrò aspettare.