Fare le orecchie alla Torà

Che cosa significa "fare le orecchie alla Torà"? Fra le molte metafore con cui un noto midrash loda l'opera dell'ermeneuta - il saggio che, ricercando, ponderando e inventando parabole, rende accessibile un testo altrimenti impenetrabile - c'è quella di una pignatta o un pentolone bollente che non si può maneggiare finché qualcuno non gli fa un paio di maniglie, che in ebraico si dicono oznayim, come le orecchie. Un'altra metafora equipara quell'opera al gesto di chi trascina un filo nei meandri di un palazzo in cui si rischia di perdersi, fermandolo alle soglie che indicano le uscite; proprio come si fanno le orecchie alle pagine di un libro per segnare un percorso, che può essere diverso per ognuno, ma che ha sempre una logica e un senso. Ma il Midrash fa anche qualcosa di più: rende quel Libro non solo leggibile e intelligibile, ma anche intelligente; non solo fruibile (con le maniglie), ma anche capace di ascolto (con le orecchie). E infatti midrash significa innanzitutto interrogazione e domanda, sollecitazione, provocazione e ricerca di un senso che si rinnova e non si esaurisce. Nei cinque capitoli di questo libro l'autrice ci introduce nel mondo del Midrash, come metodo ermeneutico e come corpus letterario, seguendo le linee parallele di una formazione storico-critica e di una personale esperienza della tradizione ebraica. Chiude il volume la traduzione di un capitolo del Midrash rabbà al Cantico dei cantici, che ha dato al libro il suo titolo - e non solo - e che può essere considerato fra i più alti risultati intellettuali della letteratura rabbinica classica.